«Siamo esploratori pronti per altre partenze».
G. de Chirico, Zeusi l’esploratore,
«Valori Plastici», a. I, n. 1., Roma, novembre 1918.
Al largo di acque affollate da anonimi e chiassosi naviganti, un moderno Odisseo prosegue, con solide consapevolezze e ulteriori, fascinose mète da raggiungere, il proprio percorso fatalmente solitario. È Antonio Nunziante.
Lui che, molte vite fa, osò sfidare il vento e il mare e le burrasche, insieme agli Argonauti di Giasone, partiti con la leggendaria nave Argo verso la temuta Colchide alla ricerca del Vello d’oro, continua impavido a ergersi a prua come il comandante del Titanic un istante prima del terribile impatto con l’enorme blocco di ghiaccio, meditando dolorosamente su un naufragio - quello della Pittura - che lo vede, per talento e volontà divina, fra i pochi, pochissimi, destinati a rimanere quali valorosi superstiti. C’è e c’è sempre stato, del resto, nell’arte di tutti i tempi, il momento di una «conta» - diresti -, che riunisca i rari eletti e li separi dai molti mestieranti, consegnando i primi a imperitura memoria, gli altri a un giusto oblio.
Il modo religioso con cui Nunziante ha incessantemente inteso il suo rapporto con gli amati interlocutori quotidiani del dipingere gli ha garantito, nel corso della sua annosa attività, approdi espressivi - e nondimeno intimi - che brillano di luce vivida al cospetto di chi abbia gusto, cultura e sensibilità per apprezzarne il pregio assoluto, la rarità unica e la ricercata lontananza di questi da succedanei e stereotipi ordinari quanto, purtroppo, sempre più dilaganti. Fra stasi apollinea e ipnosi metafisica, la pittura di questo virtuoso artefice ha saputo così caratterizzarsi, in ogni sua sofferta e al tempo stesso esaltante stagione creativa, per un’urgenza febbrile tesa a innalzare sempre più
l’asticella del fare, in una sfida olimpica che Nunziante ha condotto attraversando idealmente secoli e storie, mai un’attualità grama ove troppo agevole, fin da subito, fu per lui prevalere con palese evidenza di fatti.
Erede di de Chirico e di Sciltian - anche nel destino ingrato che riguardò simili giganti per molti tratti della loro aristocratica parabola terrena -, Nunziante resiste al cavalletto come l’ultimo gladiatore di un tempo infinito. L’arena continua ad aspettarlo per un ultimo omaggio doveroso. Ma lui, ormai in prossimità di Itaca, nel cuore e nella mente serba altre sfide suggestive e nuovi orizzonti. E un lascito di idee, virtuosismi e bella Pittura che verrà riconosciuto epocale.
Venezia, giugno 2024.